Domicilio fiscale in Italia, il rebus dei legami affettivi

Tra le novità della nozione di residenza prevista dall’articolo 1 del Dlgs 209/2023 – che ha modificato, dal periodo d’imposta 2024, l’articolo 2, comma 2, del Tuir – un posto di primo piano va alla definizione del criterio del domicilio, che si sgancia dagli interessi economici e patrimoniali e guarda ora soltanto agli interessi personali e familiari.
I primi chiarimenti sono intervenuti con la circolare 20/E/2024, che ha commentato il nuovo criterio secondo cui, se il domicilio ricorre per la maggior parte del periodo di imposta, è sufficiente a determinare la residenza fiscale in Italia.

Il nuovo domicilio è individuato nel luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona.
La stessa Agenzia definisce il criterio «del tutto nuovo», distinto dal domicilio quale sede principale degli affari e interessi della persona di cui all’articolo 43 del Codice civile.
L’area delle relazioni In virtù di questo innovativo criterio, le relazioni personali e familiari di un contribuente sono privilegiate rispetto agli interessi economico/patrimoniali, superando quindi il collegamento al domicilio civilistico, e ponendosi l’obiettivo di ridurre il consistente contenzioso generato dal precedente criterio.

Per quanto riguarda le relazioni familiari la circolare fa riferimento essenzialmente al coniuge e ai figli, senza tuttavia precisare che l’età (e indipendenza) di questi ultimi debba avere rilevanza.
Al coniugio viene assimilato il rapporto di unione civile, evidenziando come anche le relazioni tra coppie conviventi possano testimoniare il radicamento nel Paese.
L’Agenzia attribuisce rilievo anche ai rapporti sociali, sottolineando come la certezza di tali rapporti possa emergere anche dall’iscrizione annuale a un circolo culturale e sportivo, affermazione che pare ampliare
eccessivamente il dettato normativo.

L’amministrazione non nasconde comunque le difficoltà a identificare con precisione il domicilio del contribuente, invitando a valutare anche “elementi sintomatici”: ad esempio, per un soggetto Aire
che lavora all’estero, lasciare a disposizione un immobile in Italia per tornarvi il fine settimana o nei periodi di astensione dal lavoro.

In sintesi, pur essendo un criterio alternativo agli altri, il domicilio rischia di sovrapporsi, anche in base all’interpretazione che ne viene data dall’Agenzia, agli altri criteri della residenza civilistica e della presenza nel territorio dello Stato.
Sullo sfondo resta la perplessità che il domicilio si avvicini – come evidenziato dalla relazione tecnica e dalla circolare – alla prassi internazionale e alle Convenzioni, mentre il centro degli interessi vitali di cui all’articolo 4 del modello Ocse risulta invece più vicino al “vecchio domicilio” quale centro degli affari e
interessi.